Diritto societario / Company law

La Srl “Pmi” può emettere e sottoscrivere nuove quote proprie
Secondo la disciplina di portata generale (Raccomandazione 2003/361/CE) é Pmi la società che soddisfa contemporaneamente le seguenti caratteristiche:
svolge una qualsiasi attività economica, anche non commerciale e anche non di impresa;
occupa in detta attività meno di 250 persone ed ha un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro;
non appartiene a gruppi di imprese il cui potere economico superi quello di una Pmi.
Va osservato che, ai fini della applicabilità delle deroghe al diritto societario, si applica la definizione di Pmi contenuta nella succitata Raccomandazione CE e che il numero massimo di 249 occupati deve sempre sussistere unitamente ad uno dei restanti criteri quantitativi.
Per le società a responsabilità limitata (Srl) che si qualificano come Pmi il divieto di compiere operazioni sulle proprie partecipazioni stabilito di norma dall’articolo 2474 cod. civ., non trova applicazione qualora l’operazione sia compiuta in attuazione di piani di incentivazione che prevedano l’assegnazione di quote di partecipazione a dipendenti, collaboratori o componenti dell’organo amministrativo, prestatori di opera e servizi anche professionali.
La Massima del Notariato di Milano n. 178 si occupa di questa deroga, ossia delle modalità con cui può trovare applicazione nelle Srl Pmi la rimozione dell’impedimento normativo alla sottoscrizione di quote proprie; in particolare, la Massima ha inteso interrogarsi sulla possibile applicazione di tale deroga anche nel caso di nuove quote emesse nell’ambito di un’operazione di aumento del capitale sociale.
A questo interrogativo, la Massima risponde affermativamente in considerazione:
del fatto che la deroga disposta dalla norma speciale è di portata molto ampia, per cui non sembra potersi circoscrivere solo al caso dell’acquisto di quote già in circolazione;
del fatto che il divieto alla sottoscrizione di azioni proprie di cui all’articolo 2357-quater cod. civ. non parrebbe poter trovare applicazione nel caso di specie, in assenza di un suo esplicito richiamo.
La Massima affronta poi l’aspetto esecutivo di una siffatta operazione, nelle due diverse circostanze dell’aumento gratuito e dell’aumento a pagamento.
Nel primo caso (aumento gratuito del capitale sociale della Srl Pmi) in cui si prevede l’assegnazione delle nuove quote alla stessa società emittente, stanti le finalità previste dalla norma, si ritiene che la legittimità dell’operazione sia condizionata dal voto favorevole di tutti i soci aventi diritto, in forza della portata generale del principio di proporzionalità degli aumenti di capitale sociale gratuito, il quale non incontra deroghe specifiche nel caso in esame.
Quindi, affinché l’operazione siffatta possa realizzarsi, occorre il consenso unanime di tutti i soci nel cui esclusivo interesse si pone il principio succitato.
Nel secondo caso (aumento di capitale a pagamento con diritto di opzione per i soci), laddove la delibera preveda che l’eventuale inoptato venga collocato anche per la sottoscrizione da parte della stessa società emittente, sempre al servizio delle finalità consentite dalla norma, non si renderebbe più necessaria la sussistenza dell’unanime consenso dei soci.
Infatti, una volta non esercitato il diritto di opzione loro riservato, gli stessi non avrebbero più alcun diritto sulle partecipazioni non collocate, così che l’organo amministrativo sarebbe libero di provvedere all’offerta tanto a terzi come pure alla stessa emittente, in funzione del perseguimento dei piani di incentivazione consentiti dalla norma derogatoria.
In tale circostanza, infatti, non sarebbe prospettabile, secondo le osservazioni elaborate nella Massima in commento, alcuna possibile lesione dei diritti dei soci.
Fonte: euroconference news)
Obbligo di controllo e vigilanza dell'amministratore
La sola qualifica di amministratore comporta un obbligo di controllo e vigilanza di cui i soggetti investiti devono farsi carico. Potrà, pertanto, essere eccepita la carenza di legittimazione passiva solo se si dimostri che non si aveva alcuna consapevolezza dell'attività illecita posta in essere da terzi, né che si poteva impedire con la corretta esplicazione dei propri poteri/doveri di controllo
(Fonte: Il Sole24Ore).
Società di persone: solo i soci possono essere amministratori
In tutte le tipologie di società di persone possono essere nominati amministratori esclusivamente i soci. Lo ha stabilito il Tribunale di Udine con un decreto del 29 aprile 2018.
La decisione del giudice trae origine da un ricorso proposto dal Conservatore del Registro delle imprese con cui è stata segnalata, ai fini della cancellazione d’ufficio, la mancanza delle condizioni richieste dalla legge per l’iscrizione della nomina come amministratore di un soggetto non socio della società semplice Alfa.
Invero, in dottrina è controversa la possibilità di nominare amministratori soggetti diversi dai soci nella società semplice e nella società in nome collettivo.
Invece, per quanto riguarda la società in accomandita semplice, il divieto è inequivocabilmente sancito dalla legge; il riferimento è all’articolo 2318, comma 2, cod. civ., secondo cui “L’amministrazione della società può essere conferita soltanto a soci accomandatari”.
Ebbene, a detta del decreto in commento, il divieto opera anche per le altre due tipologie di società di persone, ancorché il codice civile non contenga alcuna specifica disposizione che lo preveda esplicitamente.
Il giudice fonda la sua conclusione sulle seguenti motivazioni.
Se il legislatore avesse voluto introdurre la possibilità di nominare amministratori non soci nelle società di persone, lo avrebbe fatto con una norma ad hoc così come stabilito per le società per azioni, all’articolo 2380-bis, comma 2, cod. civ.. Tale ipotesi, quindi, deve considerarsi come residuale, in opposizione alla regole generale secondo cui solo i soci possono essere nominati amministratori.
Gli articoli 2257 e 2258 cod. civ., recanti le disposizioni sulla amministrazione disgiuntiva e congiuntiva nelle società di persone, fanno riferimento ai soli soci. L’incipit di cui all’articolo 2257, che testualmente dispone “Salvo diversa pattuizione”, non va interpretato nel senso di ammettere la nomina di amministratori non soci, bensì di considerare quale sistema base quello dell’amministrazione disgiuntiva.
L’articolo 2267 cod. civ. presuppone che i soggetti deputati ad agire in nome e per conto della società siano i soci, i quali, di conseguenza, rispondono personalmente e solidalmente delle obbligazioni sociali. È, quindi, intrinseco nella natura delle società personali la “immedesimazione organica” tra amministrazione e società, sicché coloro che amministrano e rappresentano la società sono anche responsabili dei debiti sociali.
L’articolo 2318, comma 2, cod. civ. prevede l’obbligo di nominare come amministratori di una società in accomandita semplice soltanto i soci accomandatari; se il legislatore avesse voluto ammettere la nomina di amministratori non soci, avrebbe dovuto strutturare la disposizione in senso negativo, vietando ai soli soci accomandanti di assumere la qualifica di amministratore: in tal modo tutti i soggetti diversi dai soci accomandanti – soci accomandatari e non soci – avrebbero potuto ricoprire la carica di amministratore.
Per tutte queste ragioni, il decreto ha stabilito, con riferimento a tutte le tipologie di società di persone, il divieto di nomina di amministratori non soci.
Pertanto, per l’amministratore non socio della società semplice Alfa, è stata disposta la cancellazione d’ufficio.
(Fonte: euroconference news)